Se vendi un immobile può richiedere al notaio, all’atto della cessione, l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito pari al 26% (fino al 31 dicembre 2019, l’aliquota è stata del 20%): ossia la plusvalenza immobiliare.
La plusvalenza immobiliare, ossia il guadagno che si ottiene con la rivendita del bene, si realizza tramite una cessione a titolo oneroso, che oltre al trasferimento della proprietà può riguardare anche diritti reali.
Quando si applica la plusvalenza immobiliare?
La disposizione riguarda le plusvalenze realizzate per le cessioni a titolo oneroso di beni immobili (fabbricati e terreni agricoli) acquistati, costruiti o ricevuti in donazione da non più di cinque anni. In quest’ultimo caso, il periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante.
La tassazione sostitutiva non è applicabile alle plusvalenze che, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, del Tuir presenti sul sito dell’Agenzia delle entrate, costituiscono redditi di capitale ovvero sono conseguite:
- nell’esercizio di arti o professioni;
- nell’esercizio di imprese commerciali oppure da società in nome collettivo o in accomandita semplice;
- in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.
Come calcolare la plusvalenza
Chi deve pagare l’imposta sulla plusvalenza immobiliare può calcolarla e inserire la stessa sotto la voce “altri redditi” della dichiarazione dei redditi, per poi pagare la relativa aliquota Irpef di riferimento; oppure può chiedere in sede di rogito di applicare un’imposta sostitutiva del 20%, che va pagata contestualmente al rogito e che il notaio pagherà una volta che l’atto sarà registrato per via telematica.