Dal 17 luglio scorso è possibile allegare ai rogiti di compravendita l’inedito “certificato di stato legittimo”: vale a dire una dichiarazione asseverata rilasciata da un tecnico abilitato attestante l’assenza di violazioni alla disciplina edilizia e urbanistica oppure la presenza di tolleranze costruttive.
Concetto di stato legittimo: cosa significa
Il concetto di stato legittimo è stato associato al fabbricato: si tratta del risultato costruttivo che si ha in dipendenza dei lavori effettuati in conformità a un titolo edilizio, sia quello abilitante i lavori originari di costruzione sia quello in base al quale siano stati effettuati interventi edilizi successivi rispetto all’intervento originario.
Quanto ai manufatti realizzati in epoca in cui gli interventi edilizi non abbisognavano di un titolo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali (reperibili online su visurasi) di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, visure catastali, eccetera.
Certificato di stato legittimo: quando è applicabile
Ben sapendosi, però, che una costruzione non può essere perfettamente fedele al progetto, la legge concede quelle che vengono definite tolleranze costruttive o esecutive. Vale a dire che non si ha una situazione abusiva se vi sono le seguenti situazioni:
- Mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro inerente alle singole unità immobiliari contenuto entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo.
- Irregolarità geometriche, modifiche alle finiture di minima entità, diversa collocazione di impianti e opere interne (a meno che si tratti di fabbricati gravati dal vincolo storico-artistico) che siano avvenuti durante i lavori eseguiti per l’attuazione di titoli edilizi, a condizione che non sia pregiudicata l’agibilità dell’edificio.