Catasto

Revisione catastale: le misure da seguire

Revisione catastale: le misure da seguire

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22671/2019, si è espressa in tema di revisione catastale, formulando una serie di regole per trovare un punto di incontro tra le motivazione che legittimano una revisione di classamento e la tutela del contribuente.

Come abbiamo già visto, gli immobili italiani sono censiti al Catasto e a ogni unità immobiliare viene attribuita una categoria catastale in relazione alla destinazione d’uso e alle caratteristiche costruttive dell’immobile. La classe catastale viene determinata, invece, in base al contesto urbano di ubicazione e alle altre caratteristiche proprie dell’unità immobiliare.

La rendita catastale è il valore attribuito ai fini fiscali a ciascuna unità immobiliare iscritta in Catasto. Questo valore serve, ad esempio, per il pagamento imposte sulla casa IMU, TASI e TARI, per la stipula di un atto di compravendita immobiliare o per la presentazione della dichiarazione di successione. La rendita catastale è un dato contenuto nella visura catastale. La modifica della categoria e della classe catastale comporta un cambiamento della rendita catastale dell’unità immobiliare.

Revisione catastale di un immobile

Esistono 3 casi in cui è possibile la revisione del classamento di un immobile urbano su iniziativa dell’amministrazione comunale:

  • art. 3, comma 58, della legge n. 662 del 1996, in base al quale il Comune può chiedere l’intervento dell’Agenzia delle Entrate per ottenere la revisione del classamento di un immobile se il classamento stesso non è aggiornato oppure quando risulta palesemente non congruo rispetto a fabbricati similari e aventi medesime caratteristiche.
  • art. 1, comma 336, della legge n. 311 del 2004, che ha ad oggetto il classamento di immobili non dichiarati ovvero di immobili che hanno subito variazioni edilizie non denunciate.
  • art. 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004, che stabilisce che i Comuni possano chiedere all’Agenzia delle Entrate la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata quando “il rapporto tra il valore medio di mercato […] e il corrispondente valore medio catastale si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali”.

In questa terza e ultima ipotesi, quindi, il singolo classamento deve avvenire attraverso l’utilizzo e la modifica del reticolo di microzone, in modo da “attenuare gli squilibri impositivi che possono verificarsi, per effetto della intrinseca variabilità dei valori di mercato degli immobili“.

Revisione Catastale: le regole della Cassazione

Se l’amministrazione comunale intende procedere alla revisione del classamento ai sensi dell’art. 1, c. 335, deve seguire un iter di due fasi.

In primis, l’amministrazione ha l’onere di accertare i presupposti che legittimano la cosiddetta riclassificazione di massa, dopodiché deve provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare.

È necessario, inoltre, che l’unità immobiliare sia situata in una delle “microzone anomale”, cioè in una di quelle microzone in cui il rapporto tra il valore medio di mercato delle unità immobiliari esistenti e il corrispondente valore medio catastale si discosta notevolmente, cioè per più del 35% (salve diverse disposizioni comunali), dell’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali.

Da ciò deriva che “la rendita catastale di ciascuna unità immobiliare compresa nella microzona “anomala” potrà essere aumentata in misura percentualmente corrispondente a quella necessaria e sufficiente per rendere il rapporto tra il valore medio di mercato ed il valore medio catastale delle unità immobiliari della microzona non superiore per più del 35% rispetto all’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali“.